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Channel: Laguna Veneta – Gruppo d'Intervento Giuridico odv
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Qualcuno dovrebbe pagare per il “pasticcio” del sistema MOSE.

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Le immagini degli effetti disastrosi dell’acqua alta a Venezia scorrono nel corso dei notiziari giornalistici di tutto il mondo.

Il 12 novembre 2019 è stato raggiunto il livello di marea di 187 centimetri, secondo solo a quello di 194 centimetri raggiunto il 4 novembre 1966.

Danni ingentissimi e non ancora quantificati, la Basilica patriarcale di San Marco allagata, un dramma che ancora una volta i veneziani vivono sulla propria pelle.

Eppure il rimedio scientifico-tecnologico, sbandierato da decenni, dovrebbe esistere-

E’ il Modulo Sperimentale Elettromeccanico – MOSE, il sistema di paratie mobili e opere connesse che dovrebbe salvare Venezia e la Laguna Veneta dal fenomeno dell’acqua alta.

I lavori sono stati avviati nel 2003 e la spesa stimata complessiva raggiunge la cifra di ben 5,5 miliardi di euro.

Finora non s’è visto nemmeno un risultato positivo, è ancora in alto mare.

Finora s’è rivelato quale un vero e proprio scempio finanziario e, forse, si tradurrà anche in uno scempio ambientale.

Una sistematica occasione di malaffare, decine di milioni di euro finiti in tangenti per politici e tecnici, materia nota per le patrie galere.

Ma lascia davvero allibiti leggere quanti errori si celano nella realizzazione del MOSE.

Uno di questi è insito nello stesso bando di gara n. 53 pubblicato il 14 giugno 2019 (scadenza 10 luglio 2019), con cui il Consorzio Venezia Nuova (concessionario dell’opera) ha inteso affidare i lavori di “Ricerca, sviluppo e fabbricazione dei gruppi cerniere-connettore delle paratoie presso le bocche di porto di Malamocco, Chioggia, San Nicolò e Treporti (sistema MOSE).  

34 milioni di euro a base d’asta, spese per la gestione e la manutenzione delle cerniere imprecisate.

Venezia, Isola di San Giorgio in Alga, una delle poche di proprietà pubblica

Dalla “relazione generale e documento descrittivo” emergono sconcertanti carenze di funzionamento delle cerniere del sistema MOSE, determinate da fenomeni ossidativi e corrosione di elementi fondamentali, individuati da esperti e, in particolare, dai tecnici del Registro Navale Italiano (RINA).

L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ha, quindi, inoltrato una specifica segnalazione alla Procura regionale della Corte dei conti per il Veneto affinchè possa valutare se sussistano gli estremi di danno erariale, determinati da eventuali errori di progettazione o di realizzazione nonchè dai maggiori costi per rendere efficiente il MOSE.

Sarebbe ora che i responsabili di pasticci dalle conseguenze così disastrose pagassero per i loro errori.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

Laguna di Venezia, aree della Rete Natura 2000 (S.I.C. e Z.P.S.)

qui Consorzio Venezia Nuova, gara n. 54 del 14 giugno 2019 “Affidamento di un appalto misto (servizi e lavori con prevalenza di servizi) avente ad oggetto la manutenzione delle paratoie della bocca di Lido Treporti”.

Venezia, acqua alta, 1 novembre 2012

da Il Fatto Quotidiano, 1 luglio 2019

Venezia, la ruggine si mangia il Mose. Le cerniere non tengono più e serve un bando da 34 milioni.

Le dighe mobili – La corrosione delle giunture delle paratoie richiede una nuova spesa: alcune parti dell’opera dureranno solo 13 anni invece dei 100 previsti. (Giuseppe Pietrobelli)

Sono da rifare le colossali “cerniere” del sistema Mose, le dighe mobili che dovrebbero salvare Venezia dalle acque alte. La loro vita, da un punto di vista dei materiali e della conseguente funzionalità, prevista per 100 anni, in realtà è molto, ma molto inferiore. In alcuni casi e per alcune componenti arriva a 13 anni. Ruggine, corrosione, allagamenti, mancanza di manutenzione hanno determinato una situazione a dir poco catastrofica. Al punto che il Consorzio Venezia Nuova ha deciso di correre ai ripari con una gara internazionale per lo studio degli interventi, dei materiali più adatti, delle tecniche di protezione e, ove necessario, della sostituzione delle cerniere. In totale le cerniere sono 156, due per ogni paratia e sono costate circa un milione di euro ciascuna; le realizzò la Fit, del gruppo Chiarotto-Mantovani, il cui presidente Piergiorgio Baita fu coinvolto nello scandalo Mose. Per il momento il bando riguarda una base di 34 milioni di euro e una durata di dieci anni, il che non potrà non avere effetti sulla consegna dei lavori, previsti entro un paio d’anni (Le condizioni dell’opera note già da tempo – LEGGI I DOCUMENTI).

È davvero scioccante la lettura del bando di gara numero 53 del 14 giugno scorso, che fissa la scadenza al 10 luglio. Il titolo recita: “Ricerca, sviluppo e fabbricazione dei gruppi cerniere-connettore delle paratoie presso le bocche di porto di Malamocco, Chioggia, San Nicolò e Treporti (sistema Mose)”. Riguarda tutte le bocche di porto dove entreranno in funzione le paratoie che, sollevandosi, dovrebbero impedire l’allagamento di Venezia in occasione delle acque alte. Me le cerniere non funzionano, le paratoie non si alzano. E il Mose non funziona. Responsabile del procedimento è la dottoressa Cinzia Zincone, che nella relazione introduttiva sintetizza una serie di criticità a dir poco agghiaccianti, se si pensa che la spesa complessiva per il Mose si aggirerà sui 5 miliardi e mezzo di euro, che l’inizio dei lavori risale al 2003 e che sono impegnati esperti e tecnici tra i più qualificati. Infatti, la situazione è monitorata e prevista da alcuni anni, come dimostra la documentazione allegata al bando di gara.

LE CERNIERE. Tecnicamente sono chiamate cerniere-connettore e collegano le paratoie metalliche alle strutture in cemento armato che sono state collocate alle quattro bocche di porto della Laguna di Venezia. Sono le cerniere che fanno alzare le paratoie. Sono composte da un elemento “maschio” (peso di 10 tonnellate) installato sulle paratoie e da un elemento femmina (peso 24 tonnellate) sul cassone. La vita prevista per il Mose è di 100 anni. Nel progetto iniziale era di 50 anni per l’elemento maschio e di 100 anni per l’elemento femmina.

L’ALLAGAMENTO. I primi allarmi si sono verificati nel 2015 con una mareggiata e l’allagamento del cantiere di Malamocco. “Il fenomeno dei danneggiamenti del gruppo cerniera, in particolare degli steli, si è diffuso, con gravità diverse, su tutte le bocche” è scritto nel bando. Da un’analisi del certificatore Nace “si evince che l’umidità e la salinità delle condizioni dei locali risultava tale da compromettere non solo la durata degli steli tensionatori (parte del meccanismo, ndr) ma dell’opera nel complesso”. E si sono manifestati “problemi di percolamenti rossi nelle pareti del calcestruzzo”. Così sono stati avviati ulteriori studi su ossidazione e corrosione dei materiali.

LA DURATA. I tecnici del Registro Navale Italiano hanno accertato che la corrosione degli “steli” è causata “da attacchi di natura galvanica a causa dell’accoppiamento elettrochimico tra il rivestimento in nichel e l’acciaio dello stelo esposto a un ambiente aggressivo costituito da atmosfera marina con presenza di condensa, sali e deposito”. Una progressione “rapida” della corrosione, “su aree sempre più estese”. Un vero attacco generalizzato. E così la durata dei meccanismi non arriva “a garantire la vita operativa richiesta di 100 anni”.

Tre gli scenari: che lo stato degli interventi rimanga quello attuale, che si applichino protezioni con pasta e grasso, che si intervenga anche sulle condizioni ambientali di temperatura e umidità. Qualche esempio? La zona strutturalmente più critica, ovvero il “sottotesta degli steli”, pur in presenza di manutenzione, avrà una durata di 13 anni. Praticamente è già da buttare. Se non si interverrà su “guarnizioni” e “filettature”, la loro durata di vita varierà tra i 27 e i 32 anni, meno di un terzo di quanto previsto. Ma solo in qualche caso il grasso porterà ad allungare la vita a 44 anni, meno della metà della durata del Mose. Solo intervenendo sulle condizioni ambientali (ulteriori costi) si potrebbero avere miglioramenti, ma senza raggiungere il secolo di vita.

IL BANDO. Ed eccoci al bando da 34 milioni di euro. Prevede inizialmente “uno studio sull’intero gruppo cerniera-connettore” per verificarne la vita probabile, ai fini di “una successiva soluzione di sviluppo industriale”. In secondo luogo, dovranno essere cercate “soluzioni alternative al materiale utilizzato”, ovvero “una soluzione (lega/leghe/rivestimenti) tale da garantire la durata del gruppo per il tempo originariamente previsto dal progetto già redatto, stimato nel complesso di 100 anni”. Il terzo obiettivo: la realizzazione industriale, con sostituzione delle cerniere corrose e inservibili. Quarto obiettivo: individuare un soggetto che si occupi della manutenzione.

SPESE IMPRECISATE. Basta la formulazione del bando per capire che le spese future per le cerniere e la manutenzione sono del tutto imprecisate, anche se il provveditore alle opere pubbliche del Triveneto, Roberto Linetti, aveva quantificato un anno fa circa 80 milioni di euro l’anno. Ma allora non aveva fatto cenno alla necessità di cercare nuovi materiali. Il bando da 34 milioni di euro prevede 5 milioni di euro per la realizzazione degli studi, 5 milioni per la manutenzione straordinaria dei gruppi-cerniere, 4 milioni per la manutenzione ordinaria e 20 milioni per la fabbricazione e l’installazione delle cerniere.

Venezia

(foto A.N.S.A., S.D., archivio GrIG)


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